martedì 16 settembre 2008

Marketing virale

“Ciao, fai leggere questo post ad almeno dieci persone e sarà per te una giornata fortunata!”

Chissà quante catene di sant’Antonio con richieste come questa ricevo ogni giorno tra le mie caselle e-mail, il pensare poi che alcune fanno il giro del mondo e vengono tradotte in decine di lingue, rimaneggiate, criptate, travisate, sfruttate e anche censurate dai governi, mi sbigottisce.

Mi sbigottiscono le migliaia di copie che vengono inviate nella rete e mi sbigottisce il tempo brevissimo con il quale si moltiplicano. Come ciò sia possibile mi è perfettamente chiaro, ciò che mi incuriosisce di più è il sapere che da qualche parte, chissà quanto tempo prima, qualcuno il cui aspetto, sesso, età e nazionalità resteranno per sempre sconosciuti, ha scritto una prima e-mail e l’ha inviata a qualche conoscente decretando così un Inizio.

Il marketing virale è una forma di comunicazione pubblicitaria (a fini di lucro e no) basata sul passaparola. Un’idea originale, riesce, grazie alla sua natura o al suo contenuto, ad espandersi rapidamente su una data popolazione, sfruttando le capacità comunicative dei suoi componenti.

Grazie all’e-mail facciamo parte ogni giorno di un numero incalcolabile e imprevedibile di cicli di marketing virale e la loro efficacia è garantita dalla facilità e rapidità del mezzo.

Poco più di tredici anni fa, tuttavia, l’e-mail non era così diffusa, anzi non lo era per niente, per non dire che era quasi sconosciuta. Solo l’imprenditoria e la ricerca ne facevano uso e, per farne, bisognava pagare.
L’imprenditore Draper Fisher Jurvetson possedeva già un indirizzo e-mail quando, dopo averne inviata una di auguri natalizi a un suo collega ricevette nel suo studio Sabeer Bhatia e Jack Smith.

Era il 1995 e Sabeer aveva appena compiuto 27 anni, dall’india si era trasferito negli stati uniti qualche anno prima, sicuramente in quel momento si sentì felice di aver fatto quella scelta. Di Jack, purtroppo, ne so poco. Jack e Sabeer si conobbero alla Apple, nella quale entrambi erano impiegati.

Jurvetson era noto già allora per la sua politica di appoggiare e finanziare ogni sorta di idea che riguardasse Internet, quella che sentì quella sera forse fu la prima delle migliori che ha sentito fino ad oggi.

Sabeer e Jack gli proposero di sviluppare un servizio gratuito di e-mail basato sul Web. L’idea era di fornire un account a chiunque lo volesse e di rendere gli account accessibili dal Web. Tramite la gestione del proprio account via Web, chiunque avesse accesso ad Internet avrebbe potuto possedere e usare un’e-mail senza pagare e senza essere dotato di alcun software specifico. La trovata, inoltre, permetteva anche molta mobilità, da qualunque parte del modo e su qualunque computer sarebbe stato possibile leggere e inviare la propria posta e consultare il proprio archivio.

Ma dove stava il guadagno?
Nella pagina Web con la quale si consultava la propria posta sarebbero apparsi dei banner pubblicitari. Se l’idea avesse funzionato si potevano prevedere forti guadagni con la vendita di quegli spazi.

In cambio del 15% della loro compagnia, Draper Fisher Jurvetson finanziò Bhatia e Smith, che fondarono una società chiamata Hotmail.

Con tre persone a tempo pieno e una dozzina part-time che lavoravano in cambio di azioni svilupparono il servizio in soli sei mesi lanciandolo nel luglio del 1997.
Dopo solo un mese si contavano già 100.000 iscrizioni e la crescita era esponenziale.

Nel dicembre del 1997 gli iscritti erano più di 12 milioni e, dopo 18 mesi dal lancio e solo 2 anni da quella fatidica sera, Microsoft acquisiva Hotmail sborsando 400 milioni di dollari.

L’avere avuto prima di chiunque altro l’idea e l’averla realizzata rapidamente è stato il fattore vincolante per il successo di questi uomini. Anche se altre società abbiano immediatamente copiato l’idea, quel vantaggio di sei mesi sulle altre è bastato per mantenere un distacco decisivo.

Con i guadagni Jurvetson finanziò negli anni a seguire numerose idee brillanti, piazzandole sempre per svariati milioni di dollari ai migliori offerenti. Tra i clienti di Jurvetson incontriamo Yahoo, che ha acquistato dal lui Overture, e eBay che ha comprato Skype per poco più di due miliardi e mezzo di dollari.

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